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Alcuni interventi chirurgici che comportano l'asportazione di una catena linfonodale (come ad esempio lo svuotamento del cavo ascellare nel caso di tumore al seno - anche se l'analisi del linfonodo sentinella ha ridotto molto la necessitò di apsortare tutti i linfonodi ascellari - o l'asportazione dei linfonodi inguinali in un intervento ginecologico o per melanoma) può comportare la comparsa di linfedema, il rigonfiamento dell'arto superiore o inferiore con grande disagio di movimento e funzionalità. Purtroppo fino ad ora le uniche terapie possibili erano quelle fisiche con linfodrenaggio e bendaggi compressivi, ma ultimamente si sta facendo strada la possibilità di una microchirurgia in grado di aiutare a ridurre l'edema e a migliorare la qualità di vita. Preliminare a questo intervento è il mappaggio dei linfonodi residui del braccio o della gamba con la linfografia per valutare se ci sono ancora linfatici funzionanti per creare dei microbypass fra venule e linfatici periferici, mentre in alternativa si può effettuare un trapianto di linfonodi che vengono prelevati da altre sedi del corpo dello stesso paziente al fine di ripristinare un drenaggio naturale. Parliamo delle nuove opzioni chirurgiche con la Prof.ssa Marzia Salgarello, Responsabile dell'Unità Operativa Complessa di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva del Policlinico Agostino Gemelli di Roma che ci spiega l'importanza di intervenire il più precocemente possibile per evitare quelle complicanze che a lungo termine renderebbero l'intervento meno efficace e di un esame preliminare fondamentale, per valutare il transito residuo e decidere la fattibilità dell'intervento. La Professoressa Salgarello ci spiega poi in cosa consiste il trapianto di linfonodi e di come sia importante, anche in caso di intervento chirurgico, proseguire la terapia fisica con il linfodrenaggio nel tempo per ottenere i migliori risultati possibili.
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