TRE PIANI: IL NUOVO FILM DI NANNI MORETTI
Tratto dal libro dello scrittore israeliano Eshkol Nevo, esce in questi giorni l’ultimo film di Nanni Moretti Tre piani.
Sappiamo che lo spettatore, e anche lo spettatore psicoanalista , non ama che si espliciti apertamente la ragione psicoanalitica, ma che l’artista riesca a tenerla sullo sfondo lasciandola emergere dall’anima e dai comportamenti dei personaggi: perché Lucio insiste tanto a voler cercare un atto di seduzione del vecchio verso la bambina che tutto sembra far sembrare non essere mai avvenuto? Perché tanto odio nell’adolescente borghese contemporaneo figlio di un padre che ha dedicato la vita alla Legge? Sarà realtà o fantasia, quel corvo nero che Monica vede nella sua sconfinata solitudine, sola con la sua bambina, timorosa di impazzire come la madre al non sentire mai la voce di adulti, tanto che ne fermerebbe uno per strada? Altri personaggi minori si intersecano a questi principali, venendo a comporre un affresco balzachiano di infelicità, tutte con una loro precisa, sebbene misteriosa, ragione interna, che lo spettatore segue con immedesimazione e passione.
Film squisitamente psicoanalitico, lo si può apprezzare da più vertici di lettura. Al centro le dinamiche della famiglia, ognuna infelice a modo suo, ma anche vitale a modo suo; poiché Moretti si prende la libertà narrativa di allungare cronologicamente il tempo della storia di diversi anni vuole forse mostrare come anche dalle rotture, dalle crisi, dalle nebbie della mente i personaggi trovino poi delle loro personali strade e soluzioni nel tempo. Il tempo, nel film, appare come una grande cura. Il rapporto parentale è anch’esso centrale, in tutti e tre i piani metaforici del racconto e concreti della palazzina: genitori vinti, o assediati da un’ossessione, o portatori di una follia proprio in quanto genitori. Al tempo stesso sarà proprio il diventare a sua volta genitore, in finale, a costituire l’unica evoluzione maturativa possibile per l’ex adolescente ribelle, col cui atto criminoso e irresponsabile si era aperto il film. La coppia sembra appartenere alla famiglia, al microcosmo fragile e al tempo forte della famiglia; se questa cede, è anche la coppia a frantumarsi.
Benchè sia un’opera densa di fatti, non sta lì il cuore prezioso del film: “Tre piani” esplora il mondo interno dei personaggi, la lotta intrapsichica dell’Io alle prese da un lato con le pulsioni e dall’altro con il super-io, laddove tentazioni da una parte e sensi di colpa dall’altra sono sempre in agguato, per tutti noi.
Racconto corale di un campione di umanità che rappresenta in fondo l’umanità tutta, si addolcisce sul finire con un ulteriore spunto poetico, che è maggiormente evidenziato nel libro: il bisogno umano di comunicare. Non importa che l’altro sia concretamente presente, importa che lo sia dentro di noi. Il personaggio della moglie del giudice, che prende più spazio sul finire della storia quando lui viene a mancare, continua a parlargli attraverso la segreteria telefonica, in una sorta di simulacro di seduta analitica che elabora un lutto e nel contempo lo tiene vivo, come avviene per tutti i lutti importanti.
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