MARADONA, cuore ribelle di Napoli e del Sud
Domenica 30 ottobre 1960, Lanùs, periferia Sud di Buenos Aires: in una famiglia povera con tanti figli nasce quello che oggi è uno degli uomini più famosi al mondo: Diego Armando Maradona. Vede la luce nel Policlinico intitolato a Evita Peròn, che, come Diego, è stata, ed è ancora, oggetto di venerazione popolare.
Pure non lontano da Buenos Aires, a Rosario, era nato, 32 anni prima, un altro personaggio dalla notorietà sconfinata: Ernesto Guevara, detto El Che.
Sia Evita, sia il Che si sono formati in una società in cui era dominante il tema della lotta alla povertà e alle ingiustizie sociali.
Dieguito, da parte sua, ha vissuto dalla nascita le umiliazioni e i patimenti di chi è costretto a una vita di miseria e di degrado, in una baracca del quartiere di Villa Fiorito. Non meraviglia, dunque, che abbia sviluppato l’istinto di saper distinguere le persone schiette dai palloni gonfiati, soprattutto quelli che affollano le stanze del potere.
Il mondo “borghese”, snob, antipopolare lo ha sempre detestato, come, del resto, ha sempre detestato Napoli. Abituati a monetizzare tutto, non riescono a capire che l’amore si dà e si conquista gratis, non richiede credenziali e non ha niente a che fare coi giudizi morali.
Non potete capire Napoli, non capirete mai Napoli, diceva Curzio Malaparte. È la sola città che non è affondata nell'immane naufragio della civiltà antica. È l'altra Europa. Che la ragione cartesiana non può penetrare.
Quando a Maradona, nel 1984, si offrì la possibilità di venire a giocare nel Napoli, egli, dalla ricca Catalogna in cui viveva allora, fu capace di cogliere il messaggio di sofferenza e di profondità spirituale, che proviene da Napoli e che è spesso inascoltato. E scelse di rimettersi alla prova vestendo la casacca azzurra.
Questa sua capacità di ascoltare Napoli ha ragioni profonde, da ricercare nella storia e nella religione del popolo argentino, ispanica e cattolica come la nostra. Più in generale, i popoli che hanno una tradizione ancora viva hanno empatia per noi.
A Napoli ascoltano la musica nascosta della città, non perdono tempo prezioso a registrare ogni mancanza. E riconoscono facilmente la bellezza di Partenope e del Sud in genere. Ma Diego, da persona sensibile, anche a distanza avrà percepito almeno in parte il malessere della città e avrà preso atto della sprezzante pubblicità che le facevano i fratellastri d’Italia.
Napoli, da parte sua, lo ha accolto con avvolgente ospitalità magnogreca. È stato l’inizio di una travolgente storia d’amore, in cui ognuna delle due parti, vedendo il sentimento dell’altra, aumentava il proprio, in un crescendo irrefrenabile. Del resto, come avrebbe potuto, un popolo d’amore come quello di Napoli, rimanere indifferente a una frase del genere: «Napoli non è sporca. È l’Italia che sporca Napoli.» Una frase che perfino molti napoletani non avrebbero il coraggio di pronunciare. Oppure: «voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli» e «Io non mi vendo, io sono napoletano».
In questo modo, Diego si è imposto come difensore della città. Seguendo la stessa vocazione da capopopolo che lo aveva spinto a prendere per la mano la nazionale argentina fino a farle vincere il campionato mondiale. Dopo una storica partita contro l’Inghilterra in cui segnò il gol più controverso (di mano) e il gol più bello della storia, nel 1986 portò al delirio il suo paese, appena tre anni prima sconfitto dalla Gran Bretagna nella sanguinosa guerra coloniale per le isole Malvinas, distanti circa 700 km. dalla costa argentina e 12.700 km. da Londra.
Il risvolto tragico di questa storia unica è che dal 1860 nessuno, a livello mediatico, più efficacemente di Maradona ha saputo proporsi come paladino di Napoli e il Sud, suscitando un orgoglio identitario e, cosa non da poco, infrangendo il predominio del Nord almeno nello sport professionistico. L’autentica vergogna è la latitanza dei politici del Sud inseriti nel sistema coloniale.
L’autentica identità napolitana e siciliana è stata sempre ignorata o, peggio, offesa da queste figure meschine di epoche decadenti. Ci è voluto un calciatore perché nei grandi mezzi di comunicazione risuonassero parole di difesa e di riscossa rivolte alla gente del Sud.
Per questo ci scuserete se non cesserà il nostro amore per Diego Armando Maradona e se lo scempio che ha fatto della sua salute e della sua vita privata non diminuiscono di un grammo il nostro sentimento. Nel presepe del nostro cuore possono convivere pastori molto diversi!
Il suo lasciarsi andare è un esempio da respingere con tutte le forze. Ma la determinazione con cui ha interpretato la sua difesa del Sud è un ricordo incancellabile. E un invito a rialzarsi, affinché i prossimi, grandi paladini dei nostri popoli siano le donne e gli uomini del Sud, educati nel segno della Tradizione. L’uomo che possa aprirci la strada verso l’immensa vittoria che aspettiamo da 160 anni, ridando dignità e libertà al nostro popolo.
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