Sei presunti membri del “gruppo di Paternò, che fa capo alla cosca Laudani, arrestati per l’omicidio di Salvatore Leanza
I carabinieri di Catania e della Compagnia di Paternò hanno eseguito un provvedimento di custodia cautelare nei confronti di sei presunti appartenenti al “gruppo di Paternò” – articolazione territoriale della famiglia mafiosa Laudani che fa capo al boss detenuto Salvatore Rapisarda – per l’omicidio Salvatore Leanza, detto “Turi paredda”, avvenuto a Paternò il 27 giugno del 2014.
Il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere a cinque degli indagati: Alessandro Giuseppe Farina, di 33 anni, Antonio Magro, di 43, Vincenzo Patti, di 39, Francesco Santino Peci, di 41, e Sebastiano Scalia, di 44. Il sesto, Antonino Barbagallo, di 42 anni, è stato arrestato nella sua abitazione di Paternò. Durante una perquisizione in casa, i militari hanno sequestrato una pistola Bernardelli calibro 6,35 completa di caricatore risultata rubata, sette proiettili, una modica quantità di cocaina ed un bilancino. I militari hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia etnea.
Leanza, ex ergastolano, fu ucciso in un agguato mentre era in auto con la moglie, che rimase ferita. Leanza era stato condannato all’ergastolo per omicidio. Era ritenuto un elemento del clan Alleruzzo-Assinnato ed era stato scarcerato nel marzo del 2013. Da quel giorno era sottoposto all’obbligo della libertà vigilata. A Farina e Scalia è contestato anche il tentativo di omicidio Antonino Giamblanco, avvenuto a Motta Sant’Anastasia il 30 luglio dello stesso anno. Per entrambi gli episodi la Procura contesta l’aggravante del metodo mafioso e della finalità di rafforzare gli interessi criminali della consorteria mafiosa.
La misura cautelare arriva al termine di indagini avviate per dare riscontro al contenuto di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Francesco Musumarra, uno degli esecutori materiali dell’omicidio del Leanza e del tentativo di omicidio di Giamblanco, e Orazio Farinam, quest’ultimo fratello di uno dei destinatari del provvedimento restrittivo, che hanno contribuito all’investigativa compiuta nell’ambito del cosiddetto procedimento “En Plein”.
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