Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati". Da questa citazione di Bertold Brecht (che fa eco anche al disco di Claudio Lolli del 2000) parte il nuovo lavoro di Giulio Casale, cantautore e artista poliedrico, a cavallo tra la musica e il teatro-canzone.
Ex leader degli Estra, band rock degli anni '90, e divenuto nel tempo autore raffinato di testi e musiche intense, oltre che interprete teatrale di grande fascino, Casale torna dopo un silenzio musicale durato sette anni, con un nuovo album che sa di tanto di poesia, quanto di denuncia sociale.
Dalla parte del torto è una narrazione esistenziale: il racconto di vita di una società chiusa, conformista, prevaricatrice che vuole dominare con i propri valori l'intero genere umano. Il prototipo diventa la regola, unica e universale, su cui tutti devono conformarsi per sentirsi accettati, giusti, vincenti.
L'album descrive l'universo asfittico e omologato in cui il mondo si è rinchiuso, in cui lo scambio, la relazione, il dialogo risultano sterili accessori di facciata. La denuncia, impetuosa e vibrante, si sposa l'energia del rock, per un disco che non lascia spazio alla distensione. Ogni nota, ogni parola, ogni arrangiamento aprono la mente alla riflessione: chi è dalla parte del torto? Chi impone determinati "valori" o chi li subisce? Chi cerca di imporsi agli altri o chi cerca di imporre il proprio modo di essere?
In maniera probabilmente troppo manichea, con una società spaccata a metà tra vincitori morali e vincitori e basta, Casale si fa strada con dodici tracce che lasciano il segno, grazie anche alla collaborazione con Giovanni Ferrario, che ha aiutato l'artista nella definizione degli arrangiamenti di Dalla parte del torto.
L'impegno di Casale anche sul fronte teatrale ha aperto le porte ad una trasfigurazione del disco in un nuovo spettacolo di prosa cantata, che ha debuttato a Milano lo scorso aprile: La febbre. La rappresentazione affronta il tema del disagio e dell'emarginazione sociale, attraverso il racconto di vita di uomini e donne "dimenticati". Testimonianze a cui non si può che reagire con i brividi e il malessere di una vera e propria febbre (da qui il titolo), da cui spesso si guarisce, ma che a volte può anche uccidere.
Veronica Monaco, Milano
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