Roma, (askanews) - Matteo Renzi spinge l'acceleratore sulla riforma delle legge elettorale, anche a costo di spaccare il suo partito. Il presidente del Consiglio - volato nel frattempo negli Stati Uniti per incontrare alla Casa Bianca il presidente Obama - vuole avere il via libera definitivo all'Italicum in tempi rapidi. E alla prova dell'aula, il premier ha respinto ogni richiesta di modifica avanzata dalla minoranza del Pd.
Principale critica alla riforma targata Renzi è il fatto che preveda i capolista bloccati nelle 100 circoscrizioni elettorali, mentre dal secondo eletto funzionano le preferenze. Il nuovo sistema assegna anche un premio di maggioranza alla lista (e non al partito) che supera il 40% dei consensi. E prevede il ballottaggio nel caso in cui nessuno arrivi a quella soglia. Sbarramento al 3% per tutti i partiti per l'ingresso in Parlamento. La legge è valida solo per la Camera dei deputati perché entrerà in vigore solo nel 2016 quando dovrebbe essere varata la riforma del bicameralismo paritario.
In una durissima assemblea del gruppoalla Camera il premier ha messo in gioco la stessa sopravvivenza del suo esecutivo: "Questa legge va votata perché è una legge alla quale il governo è legato, nel bene e nel male", ha detto, concedendo invece una disponibilità a modificare la riforma del Senato. Ma in dissenso con questa decisione si è dimesso il capogruppo Roberto Speranza. Renzi avrebbe dovuto "ascoltare di più il partito" sulla riforma, il rammarico espresso da Speranza.
Ma dopo la resa dei conti nel suo partito, il premier si è detto comunque soddisfatto: e ha invitato a concentrarsi su altre "priorità".
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