L'Africa sta diventando un terreno umano non permissivo. Le popolazioni locali avvertono il diritto di accettare o rifiutare lo sviluppo e gli aiuti umanitari; pretendono di dare il consenso informato ai progetti come se fossero davanti alla cura di una malattia (povertà, catastrofe ambientale, carestia, ecc.); chiedono espressamente di riappropriarsi di cultura, dignità e gestione del potere. In questo nuovo contesto i ricercatori e gli studiosi sono sempre più spesso costretti a modificare il loro proverbiale ruolo di "osservatori passivi". Diventano consulenti delle comunità africane, coloro che spiegano ai "neri" come sono fatti i "bianchi". Una simile operatività demolisce le regole stesse dell'antropologia. La testimonianza di uno dei massimi esperti di culture africane, attualmente impegnato in un progetto di ricerca e sviluppo nella regione del Lago Turkana (Kenya settentrionale), "costretto" dall'Africa a interrogarsi sul senso e sui limiti del proprio lavoro.
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