Il geologo Mario Tozzi spiega che, da sempre, i "sapiens" preferiscono vivere e costruire proprio vicino ai vulcani. In tutto il mondo, non solo a Napoli, che è una delle capitali mondiali della moderna vulcanologia, la città in cui tale scienza è nata, e i suoi vulcani sono i più monitorati al mondo.
Si tratta di sfruttare condizioni di vita migliori, come fecero i Greci, che capirono cosa offrivano i territori in cui andarono a vivere, venendo da una terra in gran parte rocciosa, scarsa di terreni fertili, e spinti a navigare avventurosamente in direzione delle terre d'oltremare. Si fermarono nel Sud-Italia, dove trovarono ciò che gli necessitava. A partire da Pithecusa, ovvero l'isola vulcanica di Ischia.
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Tratto da "Napoli svelata" (Angelo Forgione, 2022), al capitolo "Un popolo vulcanico":
"Vi è vita là dove vi è minaccia di morte, ed è esattamente questo un mistero incomprensibile per chi vive lontano, là dove il Vesuvio non si vede e fa più paura di quanta non ne faccia a chi è abituato a tenerlo sottocchio. Chi ha casa sulle sue pendici, o nei Campi Flegrei, per paradosso, del pericolo si preoccupa meno di tutti.
Stupirsi per l’irrazionale sfida alla natura è umano ma scevro di conoscenza della storia dei popoli, che in tutte le parti del mondo hanno scelto volentieri di costruire e vivere alle pendici dei vulcani più minacciosi. Non è fatalismo ma frutto di un vero e proprio meccanismo mentale di rimozione del rischio per il quale il timore decresce quanto più ci si avvicina al pericolo, fino a sparire del tutto quando vi si è a contatto. Accade alla stessa maniera pure in certe valli minacciate dalla neve, foriera di valanghe, o da alte dighe che in caso di cedimento provocherebbero catastrofi come tante già avvenute in passato, e in certe città lagunari assediate dall’acqua. Capita attorno al Vesuvio, che almeno ricompensa con maggiore fertilità dopo i guasti, e capita alle Eolie, a Santorini, in Islanda, in Indonesia e nei luoghi vulcanici più remoti di tutto il mondo. Napoli come Tokyo, Città del Messico, Seattle, conurbazioni anche più popolate di quella partenopea, anch’esse ad alcune decine di chilometri da vulcani distruttivi.
Materiale piroclastico costruttivo, terreno più fertile, sorgenti, boschi e contesto naturalistico più adatto all’agricoltura e all’allevamento hanno offerto l’opportunità di vivere meglio agli uomini antichi, che con il passare dei millenni sono rimasti legati volontariamente al pericolo. Oggi, quasi cinquecento milioni di persone sono soggette a rischio vulcanico, concentrate in particolare ai tropici.
[...]
Che complessità questa mitica terra (vesuviana e flegrea) dalla struggente e rischiosa bellezza che tutto il mondo conosce, risorsa preziosa la cui preservazione deve farsi cultura profonda affinché sia chiaro che buona parte della ricchezza di un popolo intero non esisterebbe senza i suoi vulcani, con buona pace di chi pensa che coloro che vi vivono attorno, come quelli di millenni fa, siano degli inguaribili sconsiderati. A vegliare su di loro ci pensa la scienza con i suoi progressi, determinanti per controllare il pericolo tra le rive del Golfo e la Piana campana, da milioni di anni uno straordinario laboratorio in cui l’uomo, sospeso tra vita e morte, vive azzardatamente ma vulcanicamente, sentendo le forze vive della natura."
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