I cristiani manifestavano contro l'ennesimo rogo di una chiesa
A meno di due mesi dalle prime elezioni dell'Egitto post-Mubarak, il Cairo assiste smarrito agli scontri di piazza più violenti dai giorni della rivoluzione. Per ore, ieri, davanti al palazzo della televisione di Stato, militari in assetto bellico hanno fronteggiato migliaia di copti che chiedevano giustizia per la chiesa incendiata la scorsa settimana dagli islamisti nella provincia di Assuan. Il bilancio provvisorio è di 174 feriti e almeno 23 morti (di cui 18 tra le fila dei manifestanti): quello definitivo potrebbe assestare un colpo durissimo al fragile equilibrio interreligioso del Paese.
«Siamo stati attaccati» ripete al telefono un attivista copto che da settimane denuncia le pressioni crescenti da parte dei gruppi islamici più radicali e la corrispettiva strisciante nostalgia della sua comunità per il regime di Mubarak. Come altri testimoni, racconta che la protesta è iniziata nel quartiere copto di Shubra e che mentre il corteo si dirigeva verso palazzo Maspero, la sede della tv pubblica a un paio d'isolati da piazza Tahrir, sarebbe stato attaccato con bottiglie molotov, pietre e forse armi. Solo a quel punto i dimostranti avrebbero reagito alla provocazione dei «teppisti al soldo dei controrivoluzionari» per finire nel giro di poco tempo circondati dalle forze dell'ordine e bersagliati di lacrimogeni.
Diversa la versione dell'esercito, da nove mesi alla guida provvisoria del Paese: mentre i soldati sparavano in aria per disperdere la folla qualcuno avrebbe aperto il fuoco contro di loro utilizzando, probabilmente, le munizioni recuperate nel blindato della polizia nel frattempo dato alle fiamme. «Non li colpiremmo mai, sono egiziani come noi, l'esercito ha dato prova di patriottismo sostenendo la rivoluzione» spiega concitatamente una fonte militare, confutando non solo la ricostruzione della giornata ma la sempre più diffusa diffidenza popolare verso l'operato degli ex eroi in uniforme. In serata il premier, Essam Sharaf, ha invitato la minoranza cristiana e i musulmani a «non cedere agli appelli alla sedizione», perchè quello «è un fuoco che brucia tutto e non fa differenze tra di noi».
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