La 'muffa miracolosa che salva vite umane', come la definì il Times, ha iniziato la sua lunga carriera 75 anni fa. Il 14 marzo del 1942 Anne Miller, un'infermiera del Connecticut, con una febbre altissima da diversi giorni per un'infezione da streptococco, fu il primo paziente salvato dalla penicillina, iniziando così l''era antibiotica' che ai giorni nostri è messa a rischio dal fenomeno della resistenza.
Pur essendo stata scoperta nel 1928 da Fleming, la penicillina era stata usata solo in test su uomini e animali soprattutto in Gran Bretagna, dando risultati non soddisfacenti.
In particolare nel Regno Unito alcuni pazienti trattati erano morti dopo un iniziale recupero perchè non c'era abbastanza principio attivo, che all'epoca doveva essere estratto dalla muffa, per terminare il ciclo. I medici che curavano Miller, raccontò poi il libro 'The Mold in Dr. Florey's Coat: The Story of the Penicillin Miracle' di Eric Lax, dopo aver provato con trasfusioni di sangue e interventi chirurgici, riuscirono a ottenerne un cucchiaio dal governo, metà della scorta presente negli Usa in quel momento. Per fortuna la dose fu sufficiente, con un miglioramento netto nella notte della paziente. Proprio la vicenda dell'infermiera, morta poi a 90 anni nel 1999, portò poi ad una spinta per la commercializzazione, al punto che nel 1944 le scorte erano già sufficienti per essere usate per i civili, oltre che per i soldati impegnati nella seconda guerra mondiale. "Pur avendo tutti questi anni di attività la penicillina si usa ancora per alcune malattie - sottolinea Massimo Andreoni, docente di Malattie Infettive dell'università di Tor Vergata di Roma -, anche se ovviamente con il tempo i germi hanno 'imparato' come difendersi. In realtà già all'epoca era chiaro che si sarebbe verificato il fenomeno della resistenza, e che sarebbe stato necessario studiare nuove armi per vincere la battaglia contro le infezioni".
Recentemente l'Oms ha pubblicato una lista di 12 agenti patogeni, classificati per grado di urgenza, per cui servono immediatamente nuovi farmaci. "Per alcuni batteri non abbiamo più armi - ribadisce Andreoni -, e dobbiamo inventarci dei cocktail di antibiotici nella speranza che abbiano qualche effetto. L'auspicio maggiore che possiamo fare in questa ricorrenza è proprio che industrie, governi e ricercatori mettano il maggior impegno possibile nel darci nuove armi"
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