La Corte d’Appello di Caltanissetta conferma la sentenza di primo grado: le indagini sulla strage di via D’Amelio sono state depistate ma non favorendo la mafia. Il servizio di Angelo Ruoppolo.
La Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Giovanbattista Tona, ha confermato la sentenza di primo grado, emessa il 12 luglio del 2022 dalla sezione del Tribunale presieduta da Francesco D’Arrigo, nell’ambito dell’inchiesta sul depistaggio delle indagini dopo la strage di via D’Amelio. E’ prescritto il reato di calunnia aggravata contestato ai tre poliziotti imputati. La prescrizione è scattata perché non è stata riconosciuta l’aggravante dell’avere agevolato Cosa nostra. In sintesi: il reato sarebbe stato commesso ma non favorendo la mafia tramite gli effetti della commissione del reato. Tra parentesi: in primo grado Michele Ribaudo è stato assolto nel merito con la formula “perchè il fatto non costituisce reato”. La Procura generale, in requisitoria, ha proposto la condanna a 11 anni e 10 mesi di carcere per Bo, e 9 anni e 6 mesi ciascuno per Mattei e Ribaudo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Seminara, Giuseppe Panepinto e Riccardo Lo Bue. Il funzionario Mario Bo, ex capo del gruppo d’indagine “Falcone – Borsellino” diretto dal defunto Arnaldo La Barbera, e gli ispettori in pensione Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, si occuparono della tutela di tre falsi pentiti, Vincenzo Scarantino, Francesco Andriotta e Salvatore Candura. Bo, Mattei e Ribaudo avrebbero suggerito ai tre falsi collaboratori la versione da fornire agli inquirenti e i nomi da indicare quali responsabili della strage. La falsa verità, a cui tanti anni i giudici hanno creduto, ha nascosto i veri colpevoli, ed ecco perchè la Procura sostiene che la calunnia abbia favorito la mafia. Ed è costata la condanna all’ergastolo a sette innocenti, poi scarcerati, e che si sono costituiti parte civile in giudizio. Il legale della famiglia Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, commenta: “A nome della famiglia Borsellino, che io rappresento, considerata l’assoluta serietà del collegio e rinviando ogni valutazione più approfondita alla lettura delle motivazioni, credo che sia stato fatto un passo importante in relazione a quello che è stato opportunamente definito il più grave depistaggio della storia giudiziaria italiana. E’ una sentenza importante perché, benché abbia escluso l’aggravante agevolativa, amplia lo spettro della responsabilità sia di Mattei che di Ribaudo, e anche di Bo. Probabilmente la Corte riuscirà a spiegare bene i motivi per cui, nonostante le nostre prospettazioni, l’aggravante sia stata ritenuta insussistente. Io sono soddisfatto perché comunque viene sancito, con fermezza, che tre appartenenti alla polizia di stato hanno concorso a depistare le indagini sulla strage di via D’Amelio e io ritengo che questo sia un fatto estremamente grave. Per certi versi dispiace che a pagare siano solo loro perché questo processo presenta numerosi convitati di pietra che avrebbero dovuto essere sul banco degli imputati, ma purtroppo quando lo Stato esercita la propria potestà punitiva a 30 anni di distanza dagli eventi questo è il rischio che si corre”.
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