Martina Oppelli ha 49 anni. Vive a Trieste, dove lavora, da casa, grazie ai comandi vocali, per potersi permettere l’assistenza continua di cui necessita tutti i giorni, e le notti, dell'anno. Dal 2012 infatti è diventata tetraplegica a causa di una malattia neurodegenerativa diagnosticata oltre 20 anni fa.
La sua diagnosi attuale è quella di sclerosi multipla secondariamente progressiva, evoluta con gravissima limitazione motoria, con dolori e spasmi diffusi poco controllati dalle terapie.
Martina Oppelli è totalmente dipendente da altre persone. Da sola oggi non può nemmeno girarsi nel letto. Riesce a muovere solo la testa, la bocca. Riesce ancora a sorridere, ma ora si sente esausta.
L'anno scorso ha deciso di chiedere al Sistema sanitario della sua Regione di accedere al “suicidio medicalmente assistito”, l'aiuto medico alla morte volontaria, diventato legale in Italia con la sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale.
Dopo essere stata visitata dalla commissione medica multidisciplinare a ottobre 2023, non aveva ricevuto alcuna risposta. Dopo una serie di solleciti, l’azienda sanitaria comunicava di non poter accogliere la sua richiesta perché Martina Oppelli sarebbe priva di uno dei requisiti previsti dalla sentenza sul caso di Dj Fabo, quello del trattamento di sostegno vitale.
Intanto, nelle ultime settimane in Senato si è avviato l’esame di un disegno di legge sul fine vita, che deve però essere migliorato.
Per questo ora Martina Oppelli si rivolge al Parlamento.
Ha già ottenuto il semaforo verde di una struttura all’estero disposta ad aiutarla, ma vuole ancora sperare di poter ottenere l’eutanasia nel suo Paese, come oggi è possibile in tanti Paesi europei, nessuno dei quali prevede, come discriminante, la dipendenza da sostegni vitali.
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