Pietro Riggio è forse il “pentito di Stato” che alcuni magistrati auspicavano per la ricerca sulla verità relativa alla presunta trattativa Stato-mafia. D’altronde è stato un agente penitenziario, prima di diventare un mafioso più o meno di rango. Di fatto è diventato organico a Cosa nostra nel maggio del duemila occupandosi delle estorsioni. Ha svolto tale mansione subito dopo aver finito di espiare la pena per favoreggiamento aggravato. Poi viene arrestato nuovamente nel 2004 per 416 bis e finisce di scontare la pena nel 2008. Ma nello stesso anno viene di nuovo arrestato.
Ha iniziato a parlare dopo la sentenza di primo grado
Ed è lì che decide di diventare collaboratore di giustizia. Attenzione, le “verità” sulla grande organizzazione Dia – servizi segreti deviati libici, italiani – Cia verrà da lui rivelata soltanto nel 2018. Il motivo? Lo ha detto Pietro Riggio stesso: si è sentito pronto nel parlarne dopo aver finalmente assistito alla sentenza di primo grado sulla trattativa. E di cose ne ha dette. Così tante che snatura, di fatto, l’impianto originale accusatorio sulla trattativa, perché non sarebbero stati infedeli solo gli ex Ros, ma anche la Dia e non solo. Due sono le novità che arrivano in corso d’opera. Punto uno. A premere il telecomando che ha azionato il tritolo a Capaci non sarebbe stato Giovanni Brusca, ma i poliziotti che collaboravano con i servizi segreti.
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