Musica: Franz Liszt (1811 - 1886)
Organico: pianoforte
Composizione: 1859 circa
Edizione: Schuberth, Lipsia, 1860
Basato sul quartetto "Bella figlia dell'amore" dall'opera "Rigoletto" di Giuspeppe Verdi
Per il Quartetto del Rigoletto parlo di parafrasi, non di trascrizione, perché Liszt interviene, sebbene in modo limitato, sulla forma della musica di Verdi. Vi interviene premettendo al Quartetto una introduzione, tematica, facendogli seguire una coda di grande effetto spettacolare, e aggiungendo, nei punti di snodo di alcuni episodi, delle brevi cadenze fortemente virtuosistiche. Una marginale, ma importante modificazione viene poi introdotta da Liszt nella frase iniziale del tenore, «Bella figlia dell'amore»: alle parole «le mie pene» l'intervallo di quinta giusta di Verdi diventa un intervallo di quinta diminuita.
La trasposizione delle quattro voci sul pianoforte pone a Liszt un problema di percepibilità, che viene risolto trasportando all'acuto, in una zona dove nessuna voce potrebbe in verità arrivare, alcune frasi di Maddalena («Ah, ah, rido mio Signore», ecc.). In questo modo tre dei quattro personaggi - Gilda, Maddalena, il Duca - risultano perfettamente individuati, mentre resta un po' in ombra, come del resto nell'originale di Verdi, Rigoletto. Nella parte conclusiva del Quartetto, infine, Liszt adotta una strumentazione pianistica che richiama alla memoria un effetto tipico (ottave rapidamente ribattute) del pianoforte meccanico o pianola. La musica da teatro, popolare nell'Ottocento, diventa anche musica da strada, popolarissima presso tutti coloro che a teatro non ci vanno. Insomma, nella parafrasi del Rigoletto troviamo un grande pezzo da concerto, un teatro strumentale e un piccolo saggio di sociologia della musica. Per questa ragione, credo, questa parafrasi di Liszt rimase in repertorio anche negli anni, all'incirca dal 1930 al 1980, in cui le parafrasi erano considerate espressione tipica del peggior cattivo gusto ottocentesco.
Piero Rattalino
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