Sulla morte del 26enne Andrea Papi, sbranato da un orso bruno mentre si allenava nei boschi della Val di Sole, in Trentino, ci sono alcune considerazioni da fare.
La prima è che gli orsi non si possono abbattere a causa di una Legge del 1940 che ne vieta l’uccisione. Con la conseguenza che le istituzioni – in questo caso la provincia di Trento – possono disporre di abbattere solo gli esemplari pericolosi.
Come in questo caso, che il presidente provinciale Fugatti ha emesso un’ordinanza di abbattimento non appena i 3 periti nominati dalla procura di Trento avranno tracciato il profilo genetico dell’aninale responsabile dell’aggressione mortale.
Il provvedimento preso a tragedia avvenuta è ovviamente tardivo e oltretutto non cambia il quadro del pericolo perché secondo questa logica, bisogna aspettare la vittima umana per provvedere.
Quel che purtroppo nessuno prende in carico è il problema che gli orsi bruni in Trentino sono diventati troppi.
Ne furono innestati 10 dalla Slovenia nel 1996 col progetto “Life Ursus” finanziato dall’Unione europea, ma senza stabilire un tetto massimo di esemplari.
Col risultato che oggi non si sa esattamente quanti siano – stime dell’Osservatorio grandi carnivori dicono tra i 150 e 200 –
di cui almeno 100 nel solo Trentino, divenuto ormai un luogo troppo piccolo per questi plantigradi che si avvicinano ai centri abitati e dove si sono già resi protagonisti di uccisioni di capre e cervi.
Oltre che di diverse aggressioni fortunatamente non letali all’uomo.
Si perché l’incontro con un orso per un uomo non è mai indolore.
Dunque il pericolo di incontri non riguardano solo il Trentino. Ci sono orsi sparsi dal cadore alle montagne tra brescia e bergamo, oltre che fino in val’dossola, in Piemonte.
Insomma, il progetto life ursus ha scongiurato l’estinzione dell’orso bruno sulle Alpi, ma dall’altro lato la loro presenza è diventata un problema di ordine pubblico senza che nessuno lo dica.
Del resto, parliamo di un animale che pesa tra i 250 e i 500 kg, carnivoro, che assale i cervi, non teme i branchi di lupi e contende all'orso polare il titolo di carnivoro terrestre più grande del mondo.
Ecco, orsi così pericolosi vivono ormai a ridosso dei centri abitati in Trentino. Andrea Papi stava correndo su una strada sopra l’abitato di Caldes, a non più di un chilometro in linea d’aria.
E’ stato trovato morto, sventrato e con molti graffi su tutto il corpo. Si ritiene che prima di morire il giovane abbia usato un bastone – ritrovato sporco di sangue – e sia stato trascinato dall’orso per almeno 70 metri.
Una fine orribile, frutto del disinteresse delle istituzioni che oggi sono costrette ad ammettere, per voce del referente trentino di Life Ursus Federico Angeli, che la situazione degli orsi è sfuggita di mano.
Eppure, benché i segnali di pericolo siano ormai di lunga data, negli anni sono subentrati i rimpalli di competenze tra la Provincia autonoma di Trento e il governo sul loro controllo e abbattimento.
Oltre all’ingerenza del fondamentalismo degli animalisti, che tengono alla vita dell’esemplare singolo anziché alla specie.
Col risultato che oggi gli orsi sono lasciati al loro destino, e condizionano in negativo la vita di intere comunità montane. Che li percepiscono come pericolo reale e più nessuno azzarda una passeggiata o una battuta di funghi fuori dai centri abitati. Non è un mistero che ci siano comitati di contadini altoatesini che esigono un territorio libero da lupi e orsi e che istituzioni – per voce del senatore di centrosinistra Luigi Spagnolli - non è possibile in quanto sono vincolati da obblighi internazionali per la loro conservazione.
Gli esperti degli orsi dicono che siano diventati aggressivi con l’uomo perché in montagna si sono diffusi gli sport veloci come le corse podistiche e le mountan bilke che li spaventano e li inducono a reagire. E ciò sembra confermato dal fatto che un tempo c’erano gli alpini che col loro passo cadenzato davano tempo all’animale di rendersi conto e di spostarsi.
Tuttavia ormai la convivenza tra l’orso e l’uomo è diventata una questione di numeri. Con tanti esemplari, la possibilità di incontri ravvicinati è maggiore e la linea di confine tra i rispettivi territori è scomparsa.
Per dire, in America, Scandinavia e Svizzera si è riusciti a istituire grandi parchi naturali dove l’uomo non entra. In Italia può capitare di imbattersi in fotografi che s’avventurano in alta montagna per un selfie ravvicinato ai plantigradi mettendo in gioco la loro vita. Insomma, la morte di Andrea Papi ci dice che la questione ha raggiunto un punto di non ritorno. Se non si provvede all’abbattimento e al controllo del numero degli orsi che vivono in un territorio piccolo, si rischia un’escalation di aggressioni dall’esito imprevedibile.
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