Era la sera del 17 marzo 2015, Trifone e Teresa erano appena usciti dalla palestra dove erano soliti allenarsi e dopo aver salutato un amico, si erano diretti in macchina per tornare a casa.
Ma la loro auto non lasciò mai il parcheggio di fronte al Palazzetto dello Sport di Pordenone. Venne ritrovata poco dopo, intorno alle 20,00.
Al suo interno vi erano i corpi senza vita dei due fidanzati “raggiunti ciascuno da plurimi colpi di arma da fuoco, sparati da una pistola calibro 7.65, usata da distanza molto ravvicinata attraverso lo sportello anteriore sinistro del veicolo, ancora aperto dopo l'introduzione al suo interno del conducente ".
Trifone Ragone era un sottufficiale dell'Esercito in servizio al 132/o Reggimento Carri di Cordenons, mentre Teresa Costanza aveva un impiego come assicuratrice, avendo studiato marketing alla Bocconi di Milano.
Inizialmente gli investigatori pensarono a un omicidio-suicidio, ma l'assenza dell'arma del delitto fece subito scartare questa ipotesi, propendendo per quella del duplice omicidio: Teresa e Trifone erano stati uccisi da un killer.
Per mesi gli investigatori lavorarono cercando di trovare un colpevole, mentre il giallo di Pordenone assunse caratteri sempre più complessi.
Fino a che non emerse la figura di Giosuè Ruotolo, commilitone di Ragone, che catturò i sospetti degli inquirenti.
Per i primi mesi dopo il delitto nessuno riuscì a dare un volto al killer e i sospetti non si erano ancora concentrati intorno al commilitone della vittima, che dichiarò di essere rimasto a casa quella sera.
Il giorno del funerale Giosuè Ruotolo portò sulle spalle la bara del collega. Una prima svolta arrivò nell'autunno del 2015 quando, dopo essere stato sentito dagli inquirenti per diverse ore, cambiò versione sui suoi spostamenti nella sera del delitto.
Inizialmente infatti Ruotolo dichiarò di essersi recato a casa dopo il lavoro, quel tardo pomeriggio del marzo 2015, e di essersi intrattenuto con giochi elettronici.
L'attività però era stata interrotta, da "una pausa dalle ore 19.07 alle ore 21.24, considerata significativa perché comprensiva dell'orario dell'omicidio e dell'occultamento dell'arma".
Secondo il racconto dei coinquilini dell'uomo, egli si era allontanato in auto, senza informare circa la propria uscita inusuale. Successivamente, date le incongruenze, Ruotolo confessò di essere uscito di casa, di essere andato al palazzetto di Pordenone per allenarsi ma, non trovando parcheggio, disse di essersi trasferito al parco di San Valentino per fare jogging. La corsa però sarebbe stata interrotta poco dopo a causa del freddo.
Nel marzo del 2016 l'ex commilitone di Trifone Ragone venne arrestato. "Abbiamo un quadro indiziario complesso che porta all'affermazione di responsabilità per Giosuè Ruotolo", riportò il procuratore di Pordenone Marco Martani. "Un elemento importante è la ricostruzione dei tempi e la presenza delle persone sul luogo dell'omicidio: queste due variabili ci portano a dire che Giosuè Ruotolo era nel parcheggio davanti alla palestra non appena prima il momento dell'omicidio, ma durante".
Con ordinanza del 31 marzo 2016, il Tribunale del riesame di Trieste confermò l'ordinanza emessa il 7 marzo 2016 dal Gip di Pordenone, che aveva sottoposto Ruotolo alla misura di custodia cautelare in carcere, accusandolo dell'omicidio di Trifone e Teresa.
A incastrare il commilitone della vittima furono diversi elementi, raccolti dagli inquirenti nei mesi successivi all'omicidio. In primo luogo, vennero sentiti alcuni testimoni, che frequentavano l'area e che, trovandosi nella zona del parcheggio all'orario del delitto, riferirono, come riporta la sentenza, "di avere avvertito una sequenza di colpi secchi ed avvistato un'automobile marca Audi A3 grigia, ferma in prossimità di una cabina contenente impianti tecnici".
Il veicolo era stato ripreso da alcune telecamere comunali, installate per il controllo del traffico: queste mostrarono l'avvicinarsi dell'auto all'area del palazzetto alle 19.19 e poi il suo allontanamento verso il centro città alle 19.50 circa. Subito dopo l'Audi A3 era stata ripresa in sosta nel parcheggio del parco di San Valentino, all'interno del quale c'è un laghetto, in cui venne trovata l'arma del delitto.
Poi alle 19.57 le immagini di videosorveglianza mostrarono la macchina del Ruotolo che tornava verso il centro. Successivi accertamenti confermarono che l'Audi A3 ripresa nei video corrispondeva a quella del caporale. Oltre alla marca e al colore, altri due elementi la identificarono: un fanalino rotto e un pupazzetto posto sul cruscotto.
In secondo luogo a far sospettare del coinvolgimento di Ruotolo furono alcune chat inviate da un computer della caserma in cui Ruotolo prestava servizio: nei giorni e negli orari di invio dei messaggi, l'uomo era in servizio.
Ещё видео!