I bilanci, si sa, si possono fare solo quando la musica si ferma. Passate dunque le ore concitate della Prima della Scala, è tempo di tracciare una linea in fondo all’inaugurazione della stagione del Piermarini, dove – innanzitutto – è andata in scena una delle rappresentazioni più apprezzate degli ultimi anni. I 12 minuti di applausi finali che “La Forza del Destino” di Verdi, diretta da Riccardo Chailly, sono sicuramente un tributo alla grandezza della Scala, ma anche una conferma di quello che – solo nelle ultime ore – sono i numeri della Prima del 2024.
Ai 2mila fortunati che hanno potuto assistervi dal vivo, infatti, oltre 1 milione e 600mila lo hanno fatto davanti alla televisione. Numero altissimo, anche se lontano dai 2 milioni e 800mila della Tosca del 2019, ma ben di più rispetto al milione e 400mila del Don Carlo dell’anno scorso. L’incasso complessivo: 2 milioni e mezzo di euro.
Una prima più sobria, come l’hanno definita alcune voci esperte di lirica, non solo per le assenze politiche – mancavano sia il Presidente della Repubblica che la premier – ma anche per gli abiti, solitamente sgargianti e quest’anno più tendenti al nero e alla moderazione. Per il governo era invece presente il ministro alla Cultura Alessandro Giuli.
E, in assenza dei grandi nomi, il palco reale è diventato tutto – o quasi – al femminile. Al centro la senatrice a vita Liliana Segre, ai suoi lati le compagne del sindaco Sala e del presidente del Senato Ignazio La Russa, che hanno invece occupato i posti esterni del palco.
C’è quindi il bilancio di ciò che accadeva fuori dal teatro, con il corteo svoltosi in concomitanza con la Prima, fatto mai verificatosi prima. Antagonisti, sindacati di base e centri sociali hanno sfilato da Porta Venezia a Cairoli, sfiorando in via Mengoni le transenne della zona rossa che circondava il teatro. Nessun problema, se si escludono un paio di fumogeni e due petardi lanciati contro la Polizia schierata in tenuta antisommossa.
Ma i bilanci corrono anche al di là delle luci del 7 dicembre, perché la Scala è un cantiere in movimento, soprattutto a livello di governance. Se il passaggio dei sovrintendenti è cosa fatta, con l’uscita di Dominique Meyer e l’insediamento di Fortunato Ortombina il prossimo febbraio, il futuro del corpo di ballo è ancora tutto da scrivere, con il braccio di ferro in corso tra la dirigenza che vorrebbe prorogare di un anno il direttore Manuel Legris e i lavoratori che vorrebbero scongiurare questa possibilità in nome di un rapporto ormai incrinato in modo definitivo.
Il nome per la successione c’è già ed è quello di Roberto Bolle, che però deve prima concludere i suoi impegni contrattuali da solista in giro per il mondo. Si ragiona su un possibile incarico-ponte a Frédéric Olivieri, ex direttore del Corpo di ballo, ma la partita resta aperta.
Ещё видео!