Gli scalpellini erano presenti in tutta la Valle Camonica, ma in modo particolare nei paesi di Braone, Ceto e Niardo, dove fino agli anni ’60 se ne contavano ben 150. Il granito era stato da sempre utilizzato soprattutto come materiale da costruzione: gli antichi borghi camuni posti ai piedi dell’Adamello sono stati, infatti, edificati con pietre derivanti dalla sua lavorazione. Veniva utilizzato anche per altre funzioni: tra queste le grandi opere di ingegneria idraulica dei primi del ’900, alcuni elementi di arredo urbano e stradale, come i paracarri (ora quasi interamente sostituiti dai “guard rail”), i cippi chilometrici, ancora presenti lungo le nostre strade statali, i cordoli stradali, che delimitavano le aiuole e i marciapiedi in tante città lombarde.
Gli anni ’60 hanno segnato il declino degli scalpellini camuni; infatti da allora ad oggi abbiamo assistito ad un drastico ridimensionamento del loro numero: dei 150 presenti nei tre paesi prima citati, oggi in attività si contano solo tre giovani che hanno intrapreso il lavoro dei loro padri. Durante gli anni ’60-’70 anche la Valle Camonica è stata coinvolta nel processo di industrializzazione e risale a questo periodo l’insediamento delle prime aziende manifatturiere del tessile, del legno e siderurgiche. La maggior parte degli scalpellini camuni, spinti dalla crisi del settore e attratti dal “miraggio” di un lavoro sicuro e meno faticoso, hanno preferito trasferirsi in massa nelle fabbriche.
Oggi, anche in Valle Camonica il settore artigianale della lavorazione della pietra sta vivendo una “seconda giovinezza”; la pietra ritorna ad essere un materiale privilegiato, sia per le costruzioni edilizie sia per l’arredo urbano: alle tecniche di lavorazione manuale si affiancano tecniche computerizzate e digitale che segnano anche in questo settore percorsi di grande innovazione.
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