E. A. Mario, " SANTA LUCIA LUNTANA "
LUCIO LUPOLI, tenore
Maurizio Iaccarino, pianoforte
(Galà lirico "Enrico Caruso, voce dei due mondi" -
Forum Internazionale delle Culture - NAPOLI, TEATRO POLITEAMA,
14 novembre 2014)
Giovanni Ermete Gaeta, nato a Napoli il 5 maggio 1884, non ancora ventenne, vinto un concorso nell'amministrazione statale delle Poste e telegrafi, fu destinato a Bergamo, ove conobbe una giornalista di origine polacca, Marie Clinazovitz, direttrice della rivista letteraria "Il Ventesimo" (la quale si firmava con lo pseudonimo di Mario Clarvy), che lo chiamò a collaborare con brevi articoli, poesie e saggi critici. A questa esperienza giornalistica risale la decisione di assumere lo pseudonimo di E. (da Ermete) A. (dal nome del direttore – Alessandro Sacheri - del primo giornale su cui aveva precedentemente pubblicato elzeviri) MARIO (dallo pseudonimo della direttrice del "Ventesimo"). Trasferitosi a Napoli e riscossi i primi successi come autore di testi, E. A. Mario nell’ambiente dei poeti e musicisti partenopei era considerato anomalo, per la lacunosa preparazione musicale (ancora bambino, da autodidatta aveva cominciato a suonare il mandolino e ad apprendere le più elementari nozioni di teoria musicale), che lo costringeva a dettare le sue canzoni a un compositore, accompagnandosi a orecchio con la chitarra o con il mandolino. Il 1919 segnò una tappa importante nella carriera dell’artista, che nell'edizione di Piedigrotta presentò nuovi successi, quali “Le rose rosse”, “ 'A legge”, “Vipera”, “Tarantellona” e soprattutto “Santa Lucia luntana”. Fu proprio in questa occasione che Eduardo Scarpetta gli presentò Adelina Gaglianone, destinata pochi mesi dopo a divenire sua moglie. “Santa Lucia luntana” è dedicata ai tantissimi emigranti partenopei che partivano dal porto di Napoli alla volta di terre lontane, delle Americhe in particolare. Il testo è appunto ispirato ai sentimenti che questi provavano allontanandosi dalla terraferma, fissando il pittoresco panorama del borgo di Santa Lucia, ultimo scorcio della loro città, che riuscivano a vedere, sempre più piccolo, all'orizzonte. La canzone fu molto importante anche sotto il profilo sociale, perché portava alla luce la realtà dell'emigrazione, fenomeno fino ad allora misconosciuto dalla cultura ufficiale.
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