La Storia ci mostra una continua trasformazione delle competenze nella produzione di beni e anche in questi anni si assiste con frequenza crescente alla nascita di nuovi lavori grazie, da una parte, alla richiesta di nuovi prodotti da parte della società — ad esempio quelli della green economy — e, dall’altra, alla disponibilità di tecnologie innovative — quali quelle relative alla rivoluzione digitale e all’intelligenza artificiale. Queste ultime, per la loro applicazione sia alla creazione di risorse sia all’ottimizzazione di vecchi processi produttivi, richiedono a loro volta nuove competenze, di norma non possedute all’uscita dalla filiera educativo-formativa.
Uno studio della UE predice che oltre la metà dei bambini che oggi frequentano la scuola primaria svolgeranno da adulti un lavoro che oggi ancora non esiste: un fatto che impone al sistema educativo una flessibilità e un’adattabilità oggi largamente assenti.
Nel futuro il mondo del lavoro richiederà sempre più individui in grado di dominare in maniera rapida e flessibile vasti campi di conoscenze e informazioni, le più disparate possibili. Ciò implica la necessità di competenze diversificate nel portafoglio della formazione quali: creatività fuori dagli schemi, empatia e pensiero trasversale, capacità di affrontare problematiche eterogenee con strumenti mirati alla risoluzione di complessità crescenti (che possono discendere da discipline quali l’arte, la filosofia, l’etica) oltre ad adattabilità e propensione a una formazione continua.
La scarsa conoscenza dei nuovi tipi di lavori rischia di creare allarmismi immotivati e di rallentare processi formativi innovativi. Conviene invece analizzare le ragioni del disallineamento tra formazione e competenze richieste e cogliere la sfida di una formazione orientata a valorizzare problem solving, trans-disciplinarità e capacità di lavorare in gruppo. Queste prospettive verranno discusse con un occhio ai lavori del futuro.
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