Progetto Rephyt - Fitodepurazione e riuso per la riduzione dei nutrienti e fitofarmaci nelle acque di superficie del reticolo di bonifica
I cambiamenti climatici stanno comportando con sempre maggior frequenza situazioni di scarsità idrica, con forti ripercussioni sulla disponibilità di acqua a scopo irriguo. Questa situazione, unitamente agli attuali livelli di contaminazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei, consiglia di diversificare gli approvvigionamenti, puntando sulla fitodepurazione per mitigare l’impatto dell’attività agricola e sul riuso di risorse idriche non convenzionali, tra cui il riutilizzo delle acque reflue trattate.
In questo contesto è nato il Progetto Rephyt, che punta a valorizzare le aree umide, il reticolo di bonifica, le aree golenali o anche semplicemente laghetti e maceri a servizio dei singoli fondi, in virtù della loro capacità di stoccaggio delle acque e riduzione dei carichi inquinanti attraverso processi di fitodepurazione. Tali aree risultano inoltre essere l’habitat naturale per la riproduzione della cimice asiatica, fattore che le rende particolarmente interessanti per implementare sistemi di lotta biologica.
I risultati del progetto hanno confermato i servizi ecosistemici che possono generare le zone umide ed in particolare le potenzialità della fitodepurazione per il miglioramento dei corpi idrici e il riutilizzo delle acque reflue. Nel dettaglio, dai risultati è emerso che:
• I sistemi di fitodepurazione aziendali e consortili sono estremamente efficaci nella riduzione dei nutrienti e dei residui di diserbanti e fitofarmaci derivanti dall’inquinamento diffuso dell’attività agricola. La percentuale di rimozione dei principali inquinanti agricoli è risultata molto buona (-40-60% di Azoto totale e -30-60 % di fosfati), con un notevole contenimento anche dei coliformi fino all’80-90%. Nel caso di stagioni siccitose, presso la zona umida realizzata ad Acqua Campus, si è arrivati a rimuovere fino al 100% di tutti gli inquinanti presenti nelle acque di drenaggio aziendale
• Dai risultati è inoltre emersa la potenzialità del riuso di acque reflue di origine agro-industriale provenienti dall’impianto CAVIRO EXTRA. Qui, ogni anno sono trattati circa 800.000m3 d’acqua, attualmente scaricata nel depuratore (per eccessivo carico di nitrati ed elevata salinità) e che viceversa potrebbe essere utilizzata a fini irrigui. Dalle prove sperimentali effettuate su un vigneto a pieno campo e su colture arboree ed erbacee in vaso, è risultato come le acque reflue non compromettano in alcun modo produttività in termini quali-quantitativi. In aggiunta, sono state rilevate riduzioni degli apporti di fertilizzanti di sintesi, senza determinare l’accumulo di sali nel terreno.
• Infine, è stato analizzato il ciclo riproduttivo della cimice asiatica e dei suoi antagonisti naturali per valutare il ruolo di aree umide e infrastrutture del reticolo di bonifica nel contrasto alla popolazione di questi insetti estremamente dannosi per le produzioni agricole. Dai campionamenti effettuati è emerso come zone umide e infrastrutture lineari ri-naturalizzate svolgano un ruolo chiave per la popolazione degli insetti parassitoidi della cimice asiatica, favorendone il controllo tramite metodi di lotta biologica.
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