Quindici anni fa, era il 2008, in Ticino si contavano 35 postriboli e circa 70 appartamenti a luci rosse: la situazione era insostenibile. Nel 2012 polizia e magistratura, contro la prostituzione illegale dilagante, lanciarono l’operazione Domino: chiusero i battenti diversi postriboli e decine di appartamenti a luci rosse. E nel 2019, con il chiaro obiettivo di regolare un settore a lungo in bilico tra legalità e illegalità, è entrata in vigore la nuova legge cantonale sulla prostituzione.
Oggi i locali a luci rossi legali sono 9, gli appartamenti in regola una ventina (18 per l'esattezza, ndr.) e la situazione è sotto controllo. Ma sono rimaste delle tensioni e delle questioni irrisolte, in particolare per quelle professioniste che vorrebbero lavorare in un appartamento in maniera legale ed indipendente, ma che non riescono a trovarlo, rischiando così di finire nel sottobosco dell’illegalità.
"Nei bordelli sei esposta come gli animali, quelli che fanno le gare. Ma non tutte le donne vogliono entrare in un business di questo genere. Alcune preferiscono la privacy", ci spiega Gilda (nome di fantasia per questioni di privacy). Gilda è una prostituta. Non è più giovane. E da tanti anni accoglie i clienti nel suo appartamento a Lugano ed ha accettato di parlarci della problematica che si è venuta a creare: "Alle prostitute che vogliono lavorare in appartamento vengono messi i bastoni fra le ruote. E’ un’ingiustizia. Non lo trovano e quindi dopo vanno magari a finire a lavorare in nero. Perché evidentemente se non trovano un appartamento, poi devono appoggiarsi ad uno sfruttatore".
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