Appuntamento con Nicola Piovani, nel Fossato del Castello di Otranto, dove il Premio Oscar che ha scritto tante indimenticabili colonne sonore si è esibito sabato 22 agosto (ore 21) per il secondo appuntamento di Luce d’Oriente, la rassegna promossa dall’associazione La Ghironda in collaborazione con l’amministrazione comunale. L’artista presenta lo spettacolo «La musica è pericolosa», un racconto sonoro narrato dagli strumenti che agiscono in scena e nel quale Piovani, seduto al pianoforte, è coadiuvato da Marina Cesari (sax/clarinetto), Pasquale Filastò (violoncello/chitarra), Ivan Gambini (batteria/percussioni), Marco Loddo (contrabbasso) e Sergio Colicchio (tastiere).
Piovani è un musicista che nella sua lunga e prestigiosa carriera può vantare un numero sterminato di collaborazioni e incontri, umani e professionali, con i più importanti autori del cinema italiano e internazionale degli ultimi decenni. Vincitore del Premio Oscar nel 1999 per la colonna sonora del film di Roberto Benigni «La vita è bella», in questo spettacolo «concertato» Piovani scandisce le stazioni di un viaggio musicale in libertà e racconta al pubblico il senso dei frastagliati percorsi che l’hanno portato a fiancheggiare Fabrizio De André agli inizi degli anni Settanta per gli album «Non al denaro non all’amore né al cielo» e «Storia di un impiegato» e a collaborare con molti importanti registi, tra cui Magni, Fellini e Monicelli. Piovani e la sua orchestra alternano, così, l’esecuzione di brani teatralmente inediti a nuove versioni di brani più noti, riarrangiati per l’occasione. E nel racconto teatrale la parola giunge dove la musica non può arrivare. Ma, soprattutto, la musica la fa da padrona là dove la parola non sa e non può arrivare, mentre i video di scena integrano il racconto con immagini tratte da film e spettacoli e di artisti come Luzzati e Manara.
Mentre la musica risuona scorrono, infatti, fotogrammi da «L’intervista» e da «Ginger e Fred» di Fellini, da «Il marchese del grillo» e «Speriamo che sia femmina» di Mario Monicelli, da «Hungry Hearts» di Saverio Costanzo. E si ascolta «La danza dei sette veli», il ballo con il quale Salomé ammaliò Erode per chiedergli su un piatto la testa di Giovanni Battista: una danza musicale accompagnata dai disegni di Milo Manara e scandita dalla sensualità degli archi e dal ritmo arabeggiante del clarinetto, mentre il concerto prosegue tra musica e aneddoti su cinema e teatro. Piovani racconta ancora della folgorazione per Chopin, Beethoven e per Marcello Mastroianni, che ricorda mentre canta «Caminito» sul set di «De eso no se habla», il film argentino del 1993 diretto da Maria Luisa Bemberg. E si perde tra le memorie d’infanzia quando racconta di come il suono delle campane del convento delle suore di Ivrea gli avessero ispirato anni dopo il motore creativo del «Bombarolo» di De André. Poi descrive la gioia infantile che gli procurava il suono lontano della banda del paese, rievocato nel brano appositamente scritto per accompagnare gli ingressi in scena di Roberto Benigni, omaggiato in questo concerto con una commovente versione per orchestra di «Quanto t’ho amato».
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